fonte: flickr
Inizialmente questo post era intitolato: Fundraising: comunicazione o marketing? Ma discutendo con amici/colleghi mi sono reso conto che posta così non centrava l’argomento che avrei voluto trattare. Infatti le persone con cui ho discusso hanno risposto, tolte le piccole sfumature, allo stesso modo dicendo che il fundraising è entrambe le cose.
Così ho pensato di esplicitare un pò meglio la questione.
Premesso che sicuramente il fundraising tocca ampiamente… …sia il marketing che la comunicazione, mi chiedo, e vi chiedo: quale delle due prevale nella lettura e nell’applicazione della nostra materia?
Partiamo quindi dalle definizioni ufficiali e spulciando Wikipedia , alla definizione marketing troviamo:
“Il marketing (abbr. mktg., un termine anglosassone) è un ramo della scienza economica che si occupa dello studio descrittivo del mercato e dell’analisi dell’interazione del mercato, degli utilizzatori con l’impresa.
Il termine marketing prende origine dall’inglese market cui viene aggiunta la desinenza del gerundio per indicare la partecipazione attiva, l’azione sul mercato stesso.”
Mentre per marketing management abbiamo:
“consiste nell’analizzare, programmare, realizzare e controllare progetti volti all’attuazione di scambi con mercati-obiettivo per realizzare obiettivi aziendali.
Esso mira soprattutto ad adeguare l’offerta di prodotti o servizi ai bisogni e alle esigenze dei mercati obiettivo ed all’uso efficace delle tecniche di determinazione del prezzo, della comunicazione e della distribuzione per informare, motivare e servire il mercato.”
Per il secondo lemma, oggetto della nostra analisi, è mia intenzione semplificare, essendo “comunicazione” un termine estremamente ampio, chiarendo il mio intendo di rivolgermi, in questa dicotomia volutamente forzata, agli “strumenti di comunicazione” (pubblicità, direct mailing, depliant ecc… ) alla loro “composizione” ed al loro utilizzo.
Detto questo vado ad osservare qual’è il mio lavoro quotidiano e se da un lato molta parte del tempo è assorbito dalla creazione di quegli strumenti di comunicazione di cui sopra, ovviamente orientati alla raccolta fondi, mi rendo conto che a fare la differenza è l’impianto generale, creato inizialmente, che sta alla base del tutto.
Lo studio del mercato di riferimento (i prospect ed i donatori), dell’offerta dell’organizzazione per cui lavoro, delle possibili interazioni fra le due (“prodotti”, nicchie di penetrazione, ecc.) e la tempificazione, in base a questo studio, delle operazioni da compiere sono ciò che guida ogni strumento che si va a mettere in campo.
Quindi se è vero che la maggior parte del tempo viene utilizzato per la creazione degli strumenti è altrettanto vero che quegli strumenti non potrebbero essere creati ne tanto meno potrebbero essere usati senza il lavoro precedente tipico del marketing. (e direi che da qui avrete capito per quale delle due ipotesi propendo io).
La riflessione è nata dall’osservazione dei i miei colleghi blogger italiani e stranieri e probabilmente anche da alcuni mie post.
Navigando fra le varie pagine, nel corso dei mesi ho trovato un notevole sbilanciamento verso la descrizione, i consigli, il refinement degli strumenti (in particolare sul DM) e molto poco sulle strategie (sicuramente in parte dovuto alla minore semplicità di trattazione sul web di questi argomenti).
Questo non ritengo sia “male” in se, semplicemente ha suscitato in me questa riflessione ed ho quindi trovato interessante scriverne.
Trovo più che legittimo che ognuno scelga gli argomenti che preferisce, ci mancherebbe, ma mi pare che l’orientamento allo strumento più che (semplifico) alla studio del mercato e alle interazioni con i nostri “consumatori”, ponga forte una domanda, la cui risposta magari è banale, ma che credo sia giusto condividere:
Siamo davvero più simili ai marketing manager profit, come spesso ci definiamo, o siamo più simili ad account manager di agenzie di pubblicità? O ancora più direttamente: Il nostro valore aggiunto sta nel claim di campagna che troviamo o nella strategia di sviluppo di quella campagna?
Non credo ci sia una risposta giusta per tutti, credo che ognuno possa e debba fare la propria scelta in base a quelle che sono le proprie peculiarità ed alle richieste che vengono dalle organizzazioni.
E’ probabile che problemi simili esistano anche fra i nostri fratelloni del profit, data la sottile linea che sulla quale anche questo post ha giocato, però, come faccio spesso, invito alla riflessione su questo ed ovviamente al commento (Francesco e Paolo sentitevi pure esentati dal farlo facciamo prima con una telefonata 😉 ) in modo da capire insieme chi fra marketing e comunicazione è l’uovo e chi la gallina…
[…] interessanti, eccone un altro, di grande qualità e sempiterna attualità, di Daniele Fusi: Il fundraising: più comunicazione o marketing? Visto che tempo fa a Civitas mi era stata posta una questione simile da una inferocita addetta […]
Ciao Daniele,
visto il tema interessante…ti rispondo lo stesso! ;-P
Penso che il fundraising sia marketing e comunicazione nello stesso tempo e che non si possano scindere i due elementi. Il marketing gioca un ruolo strategico, indispensabile e imprescindibile per un piano di raccolta fondi vincente, ma senza la “giusta” comunicazione è inutile. DEl resto una campagna è “bella” quando è efficace, quando funziona, ossia quando fa raccogliere fondi. E perchè questo accada deve colpire il target giusto, con i media giusti, al momento giusto, con il messaggio e la creatività giusta…Insomma, ha bisogno di tutti gli strumenti tipici del marketing strategico e della creatività tipica dei comunicatori, perchè si crei il giusto mix. La vedo come un’attività circolare, che comincia con il marketing, prosegue con gli strumenti di comunicazione e la loro ideazione “creativa” e finisce di nuovo con il marketing e l’analisi dei feedback. …Devo proprio scegliere? Più marketing per me! Ciao, Francesco
Ciao Ammiraglio,
nonostante il “veto” che ti avevo imposto mi ha fatto molto piacere leggere il tuo commento 😉 e naturalmente la tua linea non può che trovarmi concorde… ed era proprio per evitare questo che avevo vietato di commentare… sai che amo la polemica 😀
Ciao Daniele,
se ne parla sempre di persona ma mai on the web…e così ti lascio anch’io il mio commento…se dovessi rispondere al titolo di questo post direi a gran voce: MARKETING!
Ma per rispondere alla tua domanda: “mi chiedo, e vi chiedo: quale delle due prevale nella lettura e nell’applicazione della nostra materia?” la mia risposta, lo vedo e lo vediamo tutti tutti i giorni, ahimè è: marketing, sì, però, sai, la creatività, l’art, il copy, il formato, i colori…., il marketing sì è più importante però: “ok il target, ma la busta la facciamo parlante o meno, nera o gialla?”…questa è, in Italia per lo meno, la realtà che vedo ogni giorno.
Concordo completamente con Francesco, è giustissimo parlare di attività circolare, ma purtroppo alla fine, nel fundraising pizza e mandolino (cioè italiano, non vorrei offendere nessuno, ci mancherebbe altro :)) prevale la comunicazione.
E non solo perchè, come giustamente dice il Fusi, la comunicazione, banalmente schematizzata in realizzazione di strumenti, necessariamente comporta un lavoro quotidiano lungo, sicuramente più lungo di un impianto strategico.
Questa è la mia modesta opinione, sicuramente incompleta, ma non vorrei tediare nessuno.
Concludo così: fundraiser di tutto il mondo, uniamoci e dedichiamoci davvero di più al marketing!
Caro Daniele, innanzitutto faccio ammenda. Violo anche io l’embargo di commentare direttamente sul tuo blog e rispondo, come ho già fatto dalle mie pagine: marketing.
Ma marketing nel senso più pieno, strategico, che significa analisi del contesto, dei competitor, dei propri target di riferimento; identificazione della propria mission, analisi dei putni di forza e di debolezza, posizionamento… e buon ultimo iinsieme a tanto altro, marketing mix e communication mix.
Tutto questo, e lo sappiamo bene e ne parliamo spesso anche dal vivo, appartiene poco, pochissimo alla cultura non profit italiana. Anzi, anche nelle nostre organizzazioni portare una cultura del marketing sappiamo tutti quanto sia complicato.
Ma non ne farei solo un problema del fundraising pizza e mandolino come lo ha definito giustamente Ioana. E’ un problema generalizzato delle micro imprese italiane. Basta fare un giro sui blog italiani o su network come quello di marketing agora per capire che anche in azienda c’è poco spazio per il marketing strategico.
Perché? Per mancanza di competenza, certo. Ma anche perché nella struttura familiare (e familistica) delle organizzazioni profit e non profit italiane ragionare in termini di marketing strategico significherebbe rivoltare come un calzino tutto, intervenire sui processi, sul prodotto (della “coerenza” di molti progetti con la mission, vogliamo parlarne?), sulle persone, sui percorsi di crescita professionale ed economica, sulla motivazione, ecc.
E’ la differenza kotleriana fra l’organizzazione orientata al marketing e quella che non lo è. Ma il fundraiser da questo punto di vista può solo fare cultura interna ed esterna (e per quello servirebbe un’associazione + forte), grassroot: alla fine a orientare l’organizzazione, salvo rari casi, non è il fundraiser.
ps.: grazie a ioana per aver interrotto questo triste circolo di voci maschili. Fortunatamente il non profit è pieno, + di quanto faccia pensare la blogosfera, di ottime professioniste.
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