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L’ho promesso, ed eccomi qui a parlare di Festival del Fundraising 2009 a pochi giorni dalla chiusura.
Visto però che in tanti (Ioana, Francesco Q, Paolo, Virginia, Alberto, Francesco S., Emma, Natascia, Raffaele e naturalmente Valerio) lo hanno già fatto indicando in pratica tutto quello che avrei voluto dire ho pensato di fare un rapido sunto di tutto quello che ritengo essere interessante ribadire utilizzando la formula, cara a Ziliani e nota a tutti gli amanti di calcio, delle Pagelle! 🙂
E allora cominciamo:
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APERTURA DEI LAVORI – voto 5,5 – quest’anno la formula è diversa, si preferisce una “corale” al “one man show” della prima edizione, l’idea in se sarebbe anche buona ma mancano i tempi per affinarla ed alla fine un pò di noia sopraggiunge nella platea. Migliorabile.
RELATORI STRANIERI – voto 6 -Vederne di più rispetto allo scorso anno permette di apprezzare lo stile espositivo e la capacità di “tenere la sala”. Oltre a questo però non convincono del tutto per il livello forse troppo elementare di approfondimento che offrono.
Sarebbe da far presente che il mercato italiano, per quanto non al livello di quelli anglosassoni, non è proprio agli inizi… insomma non siamo il Canada ma nemmeno Cuba! Geografici.
RELATORI ITALIANI – voto 5/6 – Complessivamente non raggiungono, per poco, la sufficienza anche se ci sono eccellenze non da poco. Troppa teoria e poche case history e spesso poca capacità di esporre e banalmente di creare un power point. Rimandati a settembre.
SPONSOR – voto 5,5 – Capiscono forse troppo tardi che il Festival non è una fiera e che le opportunità migliori ci sono tramite… …il networking più che tramite l’esposizione di prodotti. Anche qui ci sono eccezioni ma nel complesso ancora non ci siamo. Didascalici.
VOLONTARI – voto 10 – Sono la forza motrice del Festival. Presenti ovunque supportano, informano, gestiscono senza fare rumore. Sono tanti e tante Lele Oriali cuore e polmoni. Insostituibili.
ORGANIZZAZIONE – voto 7,5 – Se la macchina gira e gira così bene lo si deve a chi lavora un anno intero alla realizzazione dei tre giorni. Adele, Valerio, Vittorio e tutti gli altri riescono a fare quello che in Italia avviene di rado: “fare e poi discutere” piuttosto che “discutere e poi, forse, ma più avanti, chissà, vediamo, fare“. Miglioreranno con le varie edizioni ma già così raggiungono l’eccellenza. Pragmatici.
PARTECIPANTI – voto 9 – Ci sono, aumentano e partecipano con sempre più “forza” alla manifestazione. Sono così vicini al festival e ne comprendono così tanto lo spirito che alcuni si dimenticano persino delle terme per seguire le sessioni. Instancabili.
SERVIZI ALBERGHIERI – voto 6,5 – Considerato che era dai tempi d’oro del Festival della canzone di Castrocaro che non si vedeva un’affluenza di queste dimensioni nella cittadina ci si aspetterebbe un accoglienza più calorosa (il late ceck out sarebbe quesi d’obbligo e magari qualche agevolazione sul bar). Resta che la sistemazione principale è assolutamente di prim’ordine così come le libagioni offerte. Granitici.
SERATA DI CHIUSURA – voto 8 – La DJ Hellen non esalta (attaccare un Ipod a delle casse sarebbe stato quasi uguale) ma a portare divertimento ed allegria in pista ci pensa l’istrionico Stephen Pidgeon. Le danze, le chiacchere e le risate si protraggono sino a tarda notte creando un’atmosfera davvero unica. In attesa di vedere il nuovo DeeJay all’opera ci accontentiamo dei bellissimi ricordi di quest’anno. Nottambula.
PLENARIA FINALE – voto 6 – Mr. Pidgeon è sempre vulcanico ma al secondo anno sconta un pò l’effetto del “già visto”. Pur essendo un relatore eccezionale, complice forse la lingua, non riesce a trasmettere la carica che ci si aspetterebbe da una “conclusione dei lavori”. Ipercinetico.
GIORNATA DELLE MASTERCLASS – voto: non pervenuta – ed è un vero peccato, avere un momento di confronto fra i senior fundraiser sarebbe perfetto per fornire, anche a chi non vede il festival principalmente come un’occasione di formazione, occasioni di riflessione e spunti di approfondimento. Dispersa.
VALERIO MELANDRI – voto 8 – anche se non si vede è onnipresente, gira per gli spazi del Festival sorriso sul volto e sguardo vigile. Alla fine è lui il grande regista della manifestazione e controlla i dettagli della sua creatura con puntuale attenzione. Quest’anno porta alla sua corte praticamente tutti (Scuole concorrenti, Assif, Relatori internazionali, ecc.) più che il futuro sindaco di Forlì è più probabile come nuovo Gran Duca della Romagna 😉 . Incontenibile.
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In conclusione: E’ stato un grande Festival, migliore del primo, con ampi margini di miglioramento sicuramente ma è e resta una manifestazione alla quale mancare non è possibile, per le opportunità di networking in primis ma soprattutto per lo spirito che trasmette e per la carica con cui si torna al lavoro di tutti giorni dopo la full immersion. Grazie ancora a chi rende possibile tutto questo, i fundraiser italiani! 🙂
Concordo quasi a pieno con le tue osservazioni. Forse in alcuni casi sarei stato più generoso, in altre un po’ meno..Al Festival il tempo è corso velocemente…forse troppo…Anche nel Centro benessere si parlava di lavoro!!Secondo me ora è importante mantenere viva la magnifica rete che si è creata!
Alla prossima edizione!
RP
Caro Daniele, trovo spassosissimo il tuo post e do i miei voti.
Apertura lavori: 4 (pur non avendola vista dal basso ho l’impressione che i tempi fossero completamente sbagliati e, soprattutto, che sia mancata qualsiasi emozione). Aborto.
Relatori stranieri 6,5: ho perso ambrogetti, purtroppo, così faccio una media matematica di quello che ho visto, tra 2 e 8… ma alla fine continua a piacermi Pidgeon. Più umano, meno costruito, meno a effetto degli altri, ma motivante e dentro le corde del festival. Artificiali.
Sponsor, np: semplicemente perché li ho evitati. Altrimenti 4. Anche qui ho visto un modo vecchio di fare pubbliche relazioni. Hanno preferito l’approccio del venditore porta a porta invece della costruzione di una partnership sulla condivisione. Spaesati.
Volontari, 10. Non ho altro da dire. Energetici.
Organizzazione, 8,5: pragmatici (nel senso filosofico del termine).
Partecipanti: 9. Il motivo per cui è fondamentale esserci. Entusiasti.
Servizi alberghieri: 3-9: il 9 va alla location, alle stanze e al cibo (ma sono abituato a posti di quart’ordine). Il 3 alla simpatia delle receptionist. Tombali!
Serata di chiusura 8. Alcolica (ma mi sono mancate le sigarette)
Plenaria finale, 8. Pidgeon ha il tono e i contenuti giusti. Ma l’anno prossimo bisogna cambiare e mi piace molti l’idea del talk show finale proposta da quistelli. Elettrica.
Masterclass. Ok con il non pervenuto. Ma attenzione alle soluzioni. Il festival funziona anche perché ha prezzi accessibili e tutte le piccole e medie organizzazioni italiane riescono a partecipare. Alla masterclass o si selezionano gli ingressi a pagamento oppure la si rende accessibile a tutti al prezzo corrente… ma questo significa anche fare dumping sulla formazione in circolazione svilendo l’importanza stessa della formazione. Pensiamoci.
Valerio Melandri 9. Uno che fa, sa coinvolgere, usare, osare, sfidare e ha una magnifica faccia di tolla. Monellaccio (mi ripeto caro professore…)
Relatori italiani 6,5. Quelli che ho visto mi sono sembrati abbastanza pratici, utili qauntomento per partire e in alcuni casi ottimi (metto qui dentro anche Chris Innes di UNHCR, che è valso da solo il prezzo del biglietto). Ne ho persi, con sommo rammarico alcuni (compreso il tuo) di cui pure mi hanno parlato bene. Purtroppo ho dovuto assistere al mio mentre avrei voluto essere altrove :-(. Francamente li rivaluterei, pur nella consapevolezza che il motivo principale per cui si va al festival è il networking. Sulla buona strada.
Daniel Fusi – voto 10. Per la fantasia messa in campo e la visone di gioco. Golden Boy.
Paolo dai, non vale mettere Innes fra gli italiani, altrimenti mi sballi le medie! :-)))) e Pidgeon non ti porta a ballare con lui quindi smettila di incensarlo! 😉
Caro Daniele,
da straniero in patria, mi piace molto la tua idea. Alla fine sia che sei relatore o utente sei tu che “paghi” e dunque trovo molto divertente e giusto che si voti. Magari si facesse cosi’ anche per cose piu’ importanti.
Concordo in generale con le tue osservazioni e non ti nascondo che spesso io stesso sono molto deluso dalla didascalicita’ o semplicita’ dei relatori (sono ora a Varsavia all’equivalente di Castrocaro – ma niente a che vedere ;-).
Credo pero’ ci sarebbe bisogno di un po di visione. Per esempio, tanto per dirne una, qualche testimonianza di donatori (grandi, piccoli, ecc.) non ci starebbe male no?
Big hugs!
Complimenti al Fusi per il favoloso post, bella l’idea delle pagelle.
Personalmente mi trovo fra i tuoi voti e quelli di Paolo (spietato..;) vediamo se riesco a scrivere qualcosa anch’io.
buon lavoro!
Ciao Francesco,
sono d’accordo sul fatto che il festival possa aprirsi a testimonianze dall’esterno, in parte in realtà è già successo con la presenza delle aziende e delle fondazioni… sicuramente la “visione” si amplierebbe così come si potrebbe ampliare grazie a interventi che meglio focalizzino il contesto economico-sociale (ad esempio, interventi di economisti non per forza orientati al nonprofit ecc.)… Mi raccomando divertiti in Polonia 😉
[…] di Daniele Fusi di fare la pagella al Festival, mi e’ piaciuta un sacco. Vorrei provare a dare un paio di […]
[…] venuto fuori in almeno 3 diversi blog, ha scatenato svariati commenti (ne hanno parlato Daniele, Luciano Zanin, Jacopo): è dunque un tema “caldo” e, come tale, va affrontato, […]
Ciao, non concordo assolutamente sul voto dato ai partecipanti e credo che abbiate captato sensazioni errate in quanto molti di voi coinvolti nella realizzazione del Festival.
Ritengo che il Festival non sia stato così travolgente. Tolta la novità della prima edizione, questa puntata è sembrata il raduno dei “soliti buoni fundraiser”.
Giustamente si è cercato di ravvivare il tutto con qualche mal fatto fuoco pirotecnico stile USA nostrano. L’affluenza o partecipanti tendono ad evidenziare il concetto di “setta” in quanto, tolti i molti partecipanti del Master in Fundraising di Forlì ed i massimi esperti nazionali del settore con i loro “seguaci” poco altro si è visto. Gradirei porre l’accento sui partecipanti, se manca il “nuovo” che arriva da altri Master anche esteri che permette confronti informali fra partecipanti, molto spesso più preziosi e piacevoli delle ore di profezie, si rischia che il Festival diventi la rimpatriata annuale di un gruppo di buoni amiconi. Voglio precisare che il mio non è un giudizio personale, ma è ciò che è emerso dai molti commenti nei quali ho avuto modo di partecipare attivamente e passivamente, quindi riporto un “sentire” abbastanza comune nei partecipanti.
Ciao Elisa
Elisa, mi interessa moltissimo il tuo commento. Puoi scrivermi o chiamarmi? Perchè quanto tu dici, è davvero il contrario esatto della mia prospettiva di fundraising e crescita dei fundraiser. Una comunità se è vera cresce e accoglie, se non cresce e non accoglie è una cricca, ma io per le cricche non ho tempo. Scrivimi e spiegami, Grazie. Valerio Melandri, valerio.melandri@unibo.it.
Per le pagelle, Daniele, tu sai fare bene il mestiere che fai (direct mail) perchè il tuo post sulle pagelle è davvero “touchè”.
Oggi abbiamo fatto una sessione di lavoro, con Adele e Mauro, con all’ordinde del giorno la lettura dei post e dei blog sul festival. Ci simao segnati un sacco di cose, davvero il festival sarà molto diverso il prossimo anno! Almeno ci proveremo!
Ciao, a presto
Ciao Elisa, sempre felice di leggere commenti polemici (non mi stancherò mai di sostenere che le cose migliori vengono fuori grazie ad una dialettica forte), provo a risponderti per quello che posso.
Cominciamo dal numero di presenti, tu sostieni che “tolti i molti partecipanti del Master in Fundraising di Forlì ed i massimi esperti nazionali del settore con i loro “seguaci” poco altro si è visto.”… credo che questa affermazione sia confutabile facendo una rapida stima.
Ad occhio i partecipanti del Master ’09 non sono più di una trentina, facciamo anche che siano venuti, oltre a loro, anche tutti quelli dell’anno precedente (cosa improbabile) arriviamo a 60 che su 450 presenti fa circa il 13% (non un numero così importante)… per quanto riguarda poi il resto della frase sui “massimi esperti nazionali” mi chiedo:
1. chi sarebbero esattamente (ho già detto che è buona norma fare i nomi delle persone a cui ci si riferisce)
2. esistono fundraiser in italia così importanti da avere addirittura un gruppo di seguaci? E non solo, sono così fenomenali da riuscire a radunarne così tanti da riempirci il festival del fundraising? Se è così voglio essere assolutamente fra di loro 🙂
Ma passiamo oltre, continui poi il tuo commento dicendo che: “se manca il “nuovo” che arriva da altri Master anche esteri che permette confronti informali fra partecipanti […] si rischia che il Festival diventi la rimpatriata annuale di un gruppo di buoni amiconi.”
Nemmeno su questo posso concordare… mi sembra che il Festival sia pieno di momenti informali e che la maggior parte delle persone presenti sia più che disponibile al confronto (nel mio piccolo sia questo che lo scorso anno ho conosciuto almeno una decina di persone durante i tre giorni)… ma anche se non fosse così mi chiedo come la presenza di “presenze da altri master anche esteri” possa migliorare la situazione… prima di tutto, parliamo di studenti di master esteri o di docenti? Per i primi mi chiedo perchè degli studenti che stanno studiando per entrare in mercati diversi da quello italiano dovrebbero essere interessati a venire a castrocaro e poi, per quanto preparati questi studenti siamo sicuri che potrebbero fornire un confronto a chi non solo opera in italia ma lo fa da anni? Mentre i secondi (i docenti) sono più che bene accetti ma non capisco come potrebbero risolvere il punto da te sollevato più di quanto non lo possano fare i “normali” relatori esteri…
Diversità di opinioni probabilmente, però Elisa, questa volta siamo fortunati perchè a differenza delle divergenze che nascono di solito sui blog e che non possono avere riscontri oggettivi, su chi ha interpretato meglio il sentire dei partecipanti al festival credo che ci verrà in aiuto il questionario compilato alla fine da tutti noi che mi auguro l’organizzazione vorrà rendere pubblico.
Ultimissima precisazione… io non faccio parte dell’organizzazione del festival, (non ci sarebbe nulla di male ma non ne faccio parte) questo non vuol dire che io sia oggettivo nel mio giudizio, ma sicuramente è un indizio ulteriore della mia libertà da condizionamente esterni 😉 …
Ciao,
le parole setta e seguaci sono state male interpretate e riprendono lo spunto fatto sul blog di Brian dove ho utilizzato il termine setta in quanto da lui usato e perché io sono una “vostra seguace”.
Il termine non è da intendersi offensivo in quanto in tempi più recenti setta indica più frequentemente gruppi (anche non religiosi) sorti attorno a personalità carismatiche e devo ammettere che molti di voi lo sono e sono capaci di muovere persone, idee ecc. altrimenti non si spiegherebbe il vostro successo nel fundraising (è un complimento).
Tuttavia credo di essere libera di ritenere che, la svolta del Festival deve avvenire con il coinvolgimento di molti Fundraiser (docenti e non docenti) stranieri altrimenti temo che il Festival nelle prossime edizioni prenda la strada “nostrana”.
Ma forse mi sbaglio perché essere nostrani è meglio che essere internazionali.
Mi permetto di riprendere una tua frase:
….per i primi mi chiedo perchè degli studenti che stanno studiando per entrare in mercati diversi da quello italiano dovrebbero essere interessati a venire a Castrocaro e poi, per quanto preparati questi studenti siamo sicuri che potrebbero fornire un confronto a chi non solo opera in Italia ma lo fa da anni? ….
Se permetti, io sarei molto interessata a seguire un Festival estero per capire come lavorano i nostri colleghi e come sono i loro mercati. La tua affermazione è un poco come dire che ci vanno a fare gli studenti in Erasmus potrebbe non servire studiare in un’altra Università…
Spero di essermi chiarita e sarebbe il caso che anche Brian spiegasse cosa intende con il termine setta (http://www.jbgazzola.it/blog/2009/05/impegnarsi-per-un-ffrestival-diverso/) Anzi non capisco perché siete stati toccati da questa parola riusata da me e nulla è successo quando l’ha scritta lui !
Ciao ed attendiamo il questionario.
Ciao Elisa, la mia risposta non voleva essere censoria, anzi! Ed infatti mi fa molto piacere proseguire con il nostro dibattito… non avevo, e colpevolmente ancora non ho, letto il post di Jacopo (che a questo punto ci deve dire quale dei due nomi preferisce 😉 ) provo però cmq a rispondere per quello che riguarda il mio post. In realtà credo sia normale un pò di spaesamento causato da un errata interpretazione dei termini che hai usato (correttissima la definizione di setta e seguace) che una volta esplicitati rendono (almeno al sottoscritto) decisamente più chiaro il tuo pensiero… pensiero che se anche non mi trova del tutto concorde mi permette di sottolineare due punti interessanti:
1. la richiesta di internazionalizzazione ulteriore del festival, che non so se sposare in toto, visto che vorrei che il fundraising italiano delineasse delle proprie peculiarità prima di confrontarsi “alla pari” con l’estero, ma che sicuramente ha estrema dignità di essere presente sul panorama.
2. la percezione di un gruppo di persone (non importa quanto folto) del Festival come un “affare di famiglia”.
Su questo secondo punto in particolare credo che avrei, sin dalla risposta precedente, dovuto porre maggior attenzione. Se anche questa posizione si rivelasse minoritaria sarebbe un campanello d’allarme importante per tutti noi che lavoriamo affinchè la cultura del fundraising cresca e cresca in maniera partecipata.
Se qualcuno, per qualsiasi motivo, si sente escluso e ci vede come una “cricca” (perdonerai la semplificazione) questo è estremamente negativo ed indice che stiamo sbagliando qualcosa… da parte mia non posso che ribadire la mia estrema disponibilità al confronto, al dialogo e perchè no all’aiuto (credo che chiunque mi abbia scritto una mail in questi anni possa confermare che è sempre arrivata una risposta)… credo sinceramente che il nascondersi le competenze non aiutandosi sia deleterio non solo per i soggetti in questione ma per il mercato tutto… il festival è solo la punta dell’iceberg di questo processo ma è un processo che mi auguro diventi “sistema” affinchè i fundraiser italiani lavorino per creare quelle “peculiarità” di cui accennavo sopra.
Ciao,
“affare di famiglia” si genera se ci si chiude.
più il Festival è aperto e minore è “l’effetto famiglia”
Vorrei farti notare questa frase dal post del Prof. melandri:
..davvero il festival sarà molto diverso il prossimo anno!…
E mi chiedo; ma se un Festival va bene a cosa; serve crearne uno molto diverso ?
Le manifestazioni che vanno molto bene prevedono sempre ritocchi, innovazioni bilanciate ma non cambiamenti sostanziali; se con il termine <> si intendono cambiamenti molto importanti.
Ciao
Nella pagella bisognerebbe aggiungere anche la voce post festival ovvero caricamento delle slide sul sito. Che voto daresti ?
?!
[…] in sala) la seconda edizione del Festival del Fundraising. Ne parlano i blog dei fundraiser (Daniele Fusi, Paolo Ferrara, Francesco Quistelli, Ioana Fumagalli, Emma Ciceri, Alberto Ghione, Virginia […]